FEATUREDTeatro

Mini commedie per la scuola

Presentazione
Mi hanno sempre affascinato le piccole storie di paese, che esprimono ed evidenziano la vera cultura di un mondo che con difficoltà e lentezza si adegua ai cambiamenti e alle trasformazioni sociali, storie stimolanti anche per la complessità delle motivazioni e per la ricchezza dei sentimenti forti che le stesse esprimono…
Mi affascina soprattutto il modo originalissimo di raccontare i fatti della quotidianità, fra gli anziani del reggino e in particolare quelli della Locride. Un modo e una forma quasi aedici, sulle orme dei cantori greci della classicità. Da novelli omeri, per i nostri moderni, radicati ancora nella cultura magnogreca, qualsiasi evento acquista i caratteri dell’epicità e come tale va raccontato con i tempi e i toni gravi e alti per sottolinearne l’importanza.
Rimanevo incantato, e qualche volta mi succede tuttora, dinnanzi a tali spettacoli raffinatamente confezionati tanto da sembrare spontanei e naturali, che in me provocavano emozioni e sentimenti analoghi a quelli stimolati dalle epiche gesta rappresentate dai pupi siciliani o dai colorati e illustrati racconti dei cantastorie di piazza…. come la storia di un certo Nicola detto ‘u ‘ncantatu, ma anche quelle dolci, che esprimevano il carattere estetico e sentimentale di un popolo, mai assuefatto e sazio al clima mite e alle bellezze di una terra, unica al mondo come soleva dire il viaggiatore Gissing… o altre storie frutto di una cultura deformata e mal interpretata da una minoranza pronta e preparata a sfruttare e da una maggioranza ignorante e priva dei pur minimi strumenti critici.
La miseria e gli stenti, ai quali sono stati condannati per secoli le regioni meridionali, ha nei calabresi sviluppato antidoti e anticorpi efficaci per sopravvivere, l’ironia la satira e soprattutto l’autoironia, con le quali sdrammatizzare i molti eventi spiacevoli della vita… come nella breve rappresentazione teatrale La domanda, che s’ispira ad una ben precisa situazione autobiografica…
La seconda commedia Il Natale di un tempo nasce da una riflessione sui primi Natali del Terzo millennio e la scoperta con dispiacere che sono profondamente diversi da quelli della mia infanzia, non più carichi di stupore per la Grande Attesa e di meraviglia dinnanzi a quella che era la festa più semplice e misteriosa della Chiesa cattolica. Oggi altre atmosfere a ridosso della festa: luminarie, eccessivamente sfarzose, ritmi accelerati e corse agli acquisti e ai regali, che stancano, distraggono e non permettono il dispiegarsi di sentimenti ed emozioni dinnanzi al mistero della nascita di Gesù, che già guarda la croce del riscatto umano… Natali telematici e televisivi, asettici e fuorvianti, non più ricchi di suggestioni e atmosfere d’incanto…
Ho provato, attraverso questa breve rappresentazione, con gli occhi lucidi e un nodo in gola, a spiegarlo alle nipotine, nate con prospettive diverse e schemi mentali nuovi, immerse in atmosfere futuristiche, destinate a chiudere definitivamente col passato, sia nella forma che nella sostanza.
Ho provato a raccontare che, diversamente da oggi, la festa del Natale ogni anno tornava a scaldare per pochi giorni la nostra anima. Si accendono, oggi nell’era del benessere e del superfluo, le strade, le piazze, le case di luci di splendori e di suggestioni… ma il cuore dei nonni, bisognoso di affetti, torna ad altri Natali. Torna nel borgo antico, al Natale della nostra infanzia… Nelle pieghe segrete della nostra memoria suonano ancora dolci nell’aria le cornamuse dei pastori che, nove giorni prima dell’Avvento scendevano a valle dai monti per cantare le nenie davanti alla capannina di sughero dei presepi bussando alla porta di ogni casa. Aspettavamo il Natale per rifare il presepe ed aggiungere altre statuine di terracotta, fatti tutti a mano da abili artigiani. Partecipavamo con allegria ai preparativi della festa, riunendoci nelle case quasi ogni sera, dall’Immacolata all’Epifania, con amici e parenti per giocare a tombola, a sette e mezzo, a monachello e alla stoppa. Ci radunavamo attorno ai fuochi di Santa Lucia, simbolico segno di ripresa della luce dopo la lunga notte solstiziale, il 13 dicembre primo giorno dei catamisi , dai quali trarre auspici e previsioni per i successivi dodici mesi dell’anno nuovo, ma il senso antico e sacro della festa si ritrovava in particolare alla vigilia di Natale…
Ho provato a spiegare alle incuriosite nipotine diverse scene di questo tuffo nel passato, in un clima di festosa gioia e di rinnovata e sentita commozione., e loro con gli occhi sgranati già mi chiedevano, mentre io asciugavo il viso umido, un’altra ancora bella favola d’altri tempi…

 

                              1) La domanda (atto unico)

Personaggi
SAVERIO, il proprietario del palmento, noto nella zona per la sua oratoria pettegola e ironica
VINCENZO, un vicino di casa che aiuta nei lavori
PEPPINO, un vicino di passaggio;
CARLO, un nipote di Saverio.

L’azione si svolge nel palmento mentre si pressa l’uva…
PEPPINO (si trova a passare nei paraggi ed entra nel palmento):
Buon giorno a tutti e che Dio accresca i frutti del vostro lavoro. Buon giorno signorino Carlo, ci siete anche voi? E’ da molto che siete arrivato?
CARLO (il nipote di Saverio, che abita in città e ritorna al paese poche volte all’anno, è seduto su un masso e si lamenta per la stanchezza non essendo abituato ai lavori pesanti):
Buon giorno a voi Peppino. Si, son venuto ieri per aiutare lo zio nei lavori della vendemmia, e non solo per questo ma anche per controllare lo zio ed evitare che ci imbrogli (e sorride – Carlo possiede una vigna accanto a quella dello zio, e dallo stesso coltivata).
PEPPINO (assecondando): E’ probabile essendo un imbroglione di prima categoria, vostro zio!……E mamma e i fratelli come stanno?
CARLO: Quando sono partito “stavano” ancora a letto!
PEPPINO: Amate sempre scherzare; mi ricordo quando eravate ragazzo…
SAVERIO (che si trova un po’ distante e muove ritmicamente la pressa): Ma che avete da dirvi voi due? Avete finito?
PEPPINO: Vedete com’è vostro zio? Non si può parlare né fare qualcosa senza cha lui intervenga……
CARLO: Oh! È sempre stato così, è per antonomasia “l’avvocato difensore delle cause perse”!
PEPPINO: A proposito, visto che avete parlato di “avvocato”, come vanno gli studi all’Università?
CARLO: Discretamente.
SAVERIO: Carlo vieni ad aiutarmi che io non ce la faccio più; ho la spina dorsale rotta.
CARLO: Vengo (e va ad aiutare lo zio).
PEPPINO (che si era avvicinato): Saverio siete un bruto! Volete ammazzare questo giovane che lavora di solito con i libri?…
SAVERIO: Ai miei tempi…
PEPPINO: Lo so, ai vostri tempi, che poi erano anche i miei, si faceva tutto!
VINCENZO (che si trova sulla scaletta che porta al pozzetto mentre travasa in bidoni il mosto che cola dal torchio): Tempi belli quelli! Ricordo che mio padre…      
PEPPINO: Lavorate e non parlate, che c’è il rischio che cadiate nel pozzetto e poi chi se lo beve più il vino così sporco?
VINCENZO (ridendo forte e a bocca aperta, mettendo in mostra i quattro denti superstiti salvati dalla carie): Io!
SAVERIO: A proposito Peppino, quando avete intenzione di vendemmiare voi? Debbo saperlo perché anche altri mi hanno chiesto di usare il palmento.
PEPPINO: Spero venerdì, ma domani ve lo dirò con certezza.
SAVERIO: Bene! Così poi potrò sistemare anche gli altri clienti.
VINCENZO: Quest’anno il mosto mi sembra più chiaro dell’anno scorso. Come mai?
CARLO: Forse perché l’uva bianca è in quantità maggiore…
SAVERIO (interrompendo il nipote): Peppino, sapete che la domanda me l’hanno accettata?
PEPPINO: Davvero? Io l’ho fatta e me l’hanno respinta.
VINCENZO: Anche a me.
SAVERIO: Eh! voi dovete insistere, fatela di nuovo possibilmente a Natale.
CARLO (incuriosito, pensa tra sé: Chissà a quale domanda si riferiscono! E poi perché si deve fare a Natale! Boh! Per la pensione non credo perché già sono tutti percettori di pensione! Chissà! Mah! Cose loro……
PEPPINO: E quanti anni vi hanno concesso?
SAVERIO: 1500 anni! Tutti da trascorrere nelle stesse condizioni in cui mi trovo attualmente.
CARLO (ancor di più incuriosito): Cosa? 1500 anni! Ma di che cosa state parlando?
SAVERIO (con un sorrisetto ironico): Ah! tu non lo sai? Eh! già non lo potevi sapere! Lo sappiamo solo poche persone.
CARLO: Ma dì che cosa si tratta?
SAVERIO: Di un bando…
CARLO: Di un bando?
SAVERIO: Si, di un bando che è uscito l’anno scorso nel periodo di Natale e che invitava i cittadini a presentare la domanda…
CARLO: Che domanda?
SAVERIO: La domanda in cui si doveva indicare il numero di anni che ciascuno avrebbe desiderato vivere…
CARLO (ridendo): Ora capisco, sempre il solito burlone; (e prestandosi allo scherzo) continuate zio, voglio sentire come è andata a finire!
SAVERIO: Ebbene io la domanda l’ho fatta il giorno stesso…
CARLO: In carta da bollo o…?
SAVERIO: No, in carta semplice.
PEPPINO (facendo eco): Perché il nostro è un paese povero.
SAVERIO: Ti dicevo, ho fatto la domanda e ho indicato solo 1500 anni …
VINCENZO (ridendo): Si, appena solo 1500 anni… per non esagerare…
CARLO: Come è finita? Ve l’hanno approvata?…
SAVERIO: Si, è stata approvata…
CARLO: A proposito, a chi è stata indirizzata la domanda?
SAVERIO: Io l’ho data al Segretario Comunale, senza ulteriori formalità, e di altro non so più niente.
CARLO: E non vi siete più informato?…
SAVERIO: Si, ho chiesto informazioni e il Segretario mi ha detto di stare tranquillo.
CARLO: E come è andata a finire?
SAVERIO: Ti dicevo -ma perché mi interrompi sempre?- che la mia domanda è stata approvata, ma a queste condizioni: che io vivessi per mille anni sano e forte e per 500 ammalato, rotto e pieno di acciacchi! (Risata generale; Vincenzo senza denti è uno spettacolo)
CARLO: E voi siete rimasto contento?
SAVERIO: Macché! Io ho rifiutato e a Pasqua ho presentato un’altra domanda.
CARLO: Perché, pure a Pasqua si poteva fare?…
SAVERIO: Si, a Natale e a Pasqua, cioè durante le feste più importanti della Chiesa…
CARLO: Boh! io non riesco a capire cosa c’entra il Segretario Comunale con la Chiesa…
PEPPINO: Neppure io…
SAVERIO: Ma allora il Concordato tra Chiesa e Stato non serve a niente?
CARLO: Valle a capire certe cose… E poi?
SAVERIO: Poi ho fatto, ti dicevo, di nuovo a Pasqua la domanda per 1500 anni, chiedendo di vivere come sono adesso.
CARLO (ridendo): Perché, adesso siete forte fisicamente?
SAVERIO: No, ma ormai ho fatto l’abitudine ai piccoli malanni quotidiani e non chiedo altro che di stare sempre così…
CARLO: Modesto lo zio… si accontenta di poco…
SAVERIO: E questa volta me l’hanno approvata subito dopo appena sei mesi… (Altra risata generale).
CARLO: Zio, toglietemi una curiosità: io la posso fare?
SAVERIO: Si, però devi trasferire la tua residenza qui ed abitarci per almeno tre mesi…
CARLO: Bell’inganno questo…
SAVERIO: Che vuoi che siano tre mesi di sacrifici a fronte degli anni che poi potrai vivere…
CARLO: Zio, siete un fenomeno…
VINCENZO: Che volete, signorino Carlo, così si passa il tempo qui da noi…
PEPPINO: La povertà…
SAVERIO: Si, siamo poveri, ma la povertà aguzza l’ingegno e va affrontata solo con “spirito”, ironia, “carma e candelia”, altrimenti si muore di invidia e di crepacuore!
CARLO: Già…….

 

                   2) Il Natale di un tempo (commedia in quattro scene e un prologo)

Prologo
PRIMA VOCE NARRANTE
SECONDA VOCE NARRANTE
TERZA VOCE NARRANTE
QUARTA VOCE NARRANTE
Prima scena: La Novena
PRIMA VOCE NARRANTE
Il trio della novena: OMAR, LUCA E FRANCESCO
Seconda scena: La notte santa di G. Gozzano
SECONDA VOCE NARRANTE
GIUSEPPE
MARIA
PRIMO OSTE
SECONDO OSTE
TERZO OSTE
OSTESSA
QUARTO OSTE
CORO DI PASTORII componenti il coro, in numero di 12, si alternano anche come famigliari di nonno Antonio: tre figlie, tre generi, sei nipoti – 4 maschi e due femmine)
Terza scena: Il cenone
TERZA VOCE NARRANTE
NONNO ANTONIO
NONNA CATERINA
CORO DI PASTORI
Quarta scena: Il presepe
QUARTA VOCE NARRANTE
SELIM
FAMIGLIA/CORO DI PASTORI
CORO DI PASTORI/FAMIGLIA

Prologo
PRIMA VOCE NARRANTE Quando mi trovo a riflettere sui primi Natali del Terzo millennio, e siamo nel Duemilanove, scopro con dispiacere che sono profondamente diversi da quelli della mia infanzia, non più carichi di stupore per la Grande Attesa e di meraviglia dinnanzi a quella che era la festa più semplice e misteriosa della Chiesa cattolica. Oggi altre atmosfere a ridosso della festa: luminarie, eccessivamente sfarzose, ritmi accelerati e corse agli acquisti e ai regali, che stancano, distraggono e non permettono il dispiegarsi di sentimenti ed emozioni dinnanzi al mistero della nascita di Gesù, che già guarda la croce del riscatto umano. Natali telematici e televisivi, asettici e fuorvianti. Quando mi trovo a riflettere su questi Natali e a fare raffronti con i miei ricchi di suggestioni emozioni e sentimenti, provo, con gli occhi lucidi e un nodo in gola, a spiegarlo a figli e nipotini, nati con prospettive diverse e schemi mentali nuovi, immersi in atmosfere futuristiche, destinate a chiudere definitivamente col passato, sia nella forma che nella sostanza.
SECONDA VOCE NARRANTEProvo a raccontare che, diversamente da oggi, la festa del Natale ogni anno tornava a scaldare per pochi giorni la nostra anima. Si accendono, è vero, oggi nell’era del benessere e del superfluo, le strade, le piazze, le case di luci di splendori e di suggestioni… ma il nostro cuore, bisognoso di affetti, torna ad altri Natali, al Natale della nostra infanzia… Nelle pieghe segrete della nostra memoria suonano ancora dolci nell’aria le cornamuse dei pastori che, nove giorni prima dell’Avvento scendevano a valle dai monti per cantare le nenie davanti alla capannina di sughero dei presepi bussando alla porta di ogni casa. Aspettavamo il Natale per rifare il presepe ed aggiungere altre statuine di terracotta, fatti tutti a mano da abili artigiani. Partecipavamo con allegria ai preparativi della festa, riunendoci nelle case quasi ogni sera, dalla Immacolata all’Epifania, con amici e parenti per giocare a tombola, a sette e mezzo, a monachello e alla stoppa. Ci radunavamo attorno ai fuochi di Santa Lucia, simbolico segno di ripresa della luce dopo la lunga notte solstiziale, il 13 dicembre primo giorno dei catamisi, dai quali trarre auspici e previsioni per i successivi dodici mesi dell’anno nuovo:
TERZA VOCE NARRANTE ha bruciato / -scoppiettante- / nella serata fredda ed umida / con i ragazzi / costruttori / -tutt’intorno- / felici e saltellanti / custodi gelosi / di un rito antico / che ha i tempi lunghi / della preparazione / inconsapevoli / di un vissuto importante / ha bruciato / -scoppiettante- / l’architettonica struttura / progettata da menti / ispirate / per l’ultimo falò / del secondo millennio / consumato e disperso / il giorno di Santa Lucia / vissuto nei tanti rioni da cittadini / con trepidante attesa il 13 dicembre / inconsapevoli / di un vissuto importante.
QUARTA VOCE NARRANTEMa il senso antico e sacro della festa si ritrovava in particolare alla vigilia di Natale… Provo a spiegare a figli e nipotini, come in una rappresentazione teatrale, la prima scena di questo tuffo nel passato: la Novena.

Prima scena: LA NOVENA
24 dicembre – ore 17.00
PRIMA VOCE NARRANTEE’ la sera della vigilia. La novena viene completata. Per nove sere il piccolo gruppo musicale (organetto, chitarra, flauto) ha percorso le vie di sua competenza e ha visitato le stesse famiglie portando l’annunzio della nascita di Gesù Bambino. Si apre il sipario
IL TRIO DELLA NOVENA 1° Giorno – La novena principiamo / in onore del Messia / e le lodi gli cantiamo / a San Giuseppe ed a Maria. 2° Giorno – Maria si mise il velo / e insieme a suo figlio pregò / “è nato e creato” / tutto il mondo lo annunciò / cantavano gli angioletti / la gloria del Signore / dicendo ai poveretti “è la fine del dolor”. 3° Giorno – San Giuseppe dispiaciuto / a Maria le parlò / che il Divino Redentore / nel suo seno si incarnò. / E con questo bando reale / Maria Santa rispondeva / “Caro sposo mio regale, / così volle l’Alto Dio”. 4° Giorno – Nelle terre dell’Egitto / si piangeva un piatto rotto / perché il sangue di innocenti / fu versato nel fiume nero / ed Erode il traditore, / che alla struggia non fece in tempo / per trovare il Nazareno / una gran struggia ordinò. 5° Giorno – In Egitto si è trovato / in quel tempo che regnava / Re Cesare chiamava / e a tutti ordinava / sta novella assai perfetta. / San Giuseppe che piangeva / la sacrata verginella / in custodia la teneva. 6° Giorno – I Re Magi gli portano in dono / oro mirra e incenso a Gesù. / Dormi dormi / che oggi dal trono dei Cieli / scendesti quaggiù. 7° Giorno – Mezzanotte sacrava all’altare, / la Madonna soffriva il dolor. / Nevicando lampando e tuonando / quando nascesti mio dolce tesor. 8° Giorno – Un suono di zampogne si sente da lontano / è sceso il Redentore con rose e fiori in mano. / Pochi pastori si prostrano all’umile capanna / cantando “Pace e Osanna al celeste Bambino d’amor”. 9° Giorno – Una notte troppo buia, / poco o niente si vedeva, / una stella per fortuna / tutto il mondo illuminò. / E svegliatevi, o pastori, / che andiamo a trovare Gesù / per trovare il Re degli Angeli / non si può dormire più.

Novena di Natale

PRIMA VOCE NARRANTE – E’ l’ultima gioiosa fatica. Ora i tre ragazzi (Omar, Luca e Francesco) divideranno il denaro offerto dalle famiglie visitate, l’ultima sera della novena. Seduti per terra, gioiosamente fanno la conta di quanto raccolto e commentano…
OMAR – Non è andata male, pensavo peggio…
LUCA – Mille e duecento euro sono una bella cifra.
FRANCESCO – Nonostante la concorrenza di Associazioni varie, che in questo periodo di tredicesima sempre di più svalutata organizzano raccolte di fondi, e dei grossi impegni che hanno le famiglie a tappare buchi economici e ad affrontare spese di fine anno, la gente ha apprezzato la nostra iniziativa offrendoci secondo possibilità…
LUCA – …e secondo la generosità e le tircherie individuali…
OMAR – Non scendiamo nei particolari… Comunque ho notato che spesso proprio le persone danarose sono le più tirate e avare.
Breve pausa
LUCA – Con la mia parte comprerò un giubbotto per me e con quello che rimane un piccolo regalo per tutti i familiari.
OMAR – Io li metto da parte per pagarmi, la prossima estate, un viaggio all’estero, forse in Grecia alla ricerca delle nostre radici.
FRANCESCO – Io non ho idee chiare…comunque mi serviranno a non dipendere per un po’ dai genitori…
Il sipario cala sulle note della novena

Seconda scena: LA NOTTE SANTA di G. Gozzano
24 dicembre – ore 18.00
SECONDA VOCE NARRANTE – E’ difficile oggi creare l’atmosfera giusta del Natale, quella che parte dal cuore e tocca i sentimenti con dolce incanto…ma non impossibile…Basta chiudere gli occhi…e condividere le peripezie di Giuseppe e Maria alla ricerca di un giaciglio, dove far nascere il Re dei Re…
Il sipario si apre sulle note di nenie natalizie
GIUSEPPE – Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei. Presso quell’osteria potremo riposare, chè troppo stanco sono e troppo stanca sei.
SECONDA VOCE NARRANTE – Il campanile scocca lentamente le sei.
MARIA – Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio, un po’ di posto avete per me e Giuseppe?
PRIMO OSTE – Signori, me ne duole; è notte di prodigio, son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe.
SECONDA VOCE NARRANTE – Il campanile scocca lentamente le sette.
GIUSEPPE – Oste del Moro, avete un rifugio per noi? Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
SECONDO OSTE – Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi, tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.
SECONDA VOCE NARRANTE – Il campanile scocca lentamente le otto.
GIUSEPPE – O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno avete per dormire? Non ci mandate altrove!
TERZO OSTE – S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.
SECONDA VOCE NARRANTE – Il campanile scocca lentamente le nove.
MARIA – Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella! Pensate in quale stato e quanta strada feci.
OSTESSA – Ma fin sul tetto ho gente: attendono la stella… Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…
SECONDA VOCE NARRANTE – Il campanile scocca lentamente le dieci.
GIUSEPPE – Oste di Cesarea…
QUARTO OSTE – Un vecchio falegname? Albergarlo? Sua moglie? Albergarlo per niente? L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame: non amo la miscela dell’alta e bassa gente.
SECONDA VOCE NARRANTE – Il campanile scocca l’undici lentamente.
MARIA – La neve!
GIUSEPPE – Ecco una stalla! Avrà posto per due?
MARIA – Che freddo!
GIUSEPPE – Siamo a sosta!
MARIA – Ma quanta neve, quanta!
GIUSEPPE – Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…
SECONDA VOCE NARRANTE – Maria già trascolora, divinamente affranta… Il campanile scocca la Mezzanotte santa.
CORO DI PASTORI Coro di pastori – E’ nato! Alleluia! Alleluia! / E’ nato il Sovrano Bambino. / La notte, che già fu sì buia, / risplende d’un astro divino. / Orsù, cornamuse, più gaie / suonate: squillate campane! / Venite pastori e massaie; / o genti vicine e lontane! / Non sete, non molli tappeti, / ma, come nei libri hanno detto / da quattro mill’anni i Profeti / un poco di paglia ha per letto. / Per quattro mill’anni s’attese / quest’ora su tutte le ore. / E’ nato! E’ nato il Signore! / E’ nato nel nostro paese! / Risplende d’un astro divino / la notte che già fu sì buia. / E’ nato il Sovrano Bambino. / E’ nato! Alleluia! Alleluia!
SECONDA VOCE NARRANTE – Come era stato previsto il grande evento si sta compiendo con le modalità stabilite dall’Eterno, mentre l’occhio divino osserva con comprensione l’umana libertà e il suo uso non sempre moralmente accettabile.
Il sipario si chiude sulle note di musiche natalizie

Terza scena: IL CENONE
24 dicembre – ore 20.00
TERZA VOCE NARRANTE – Sono le ore 20.00 del 24 dicembre. E’ il momento in cui le famiglie riunite prendono posto a tavola per il rituale cenone di Natale. Le strade sono deserte, dopo l’animazione e la frenesia dell’intera giornata per gli ultimi acquisti. Al termine del cenone tutti in Chiesa per la messa di mezzanotte.
Il sipario si apre sulle note di “Notte Santa”
NONNO ANTONIO – E’ un appuntamento che aspetto tutto l’anno per avere tutti i figli e le rispettive famiglie vicini, seduti attorno a questo tavolo. Sono felice… Questa sera bisogna celebrare i riti di purificazione con i piatti della penitenza, composti esclusivamente da cibi di magro e come vuole la tradizione in ricordo dei discepoli di Gesù, bisogna assaggiare tredici pietanze…
NONNA CATERINA – E’ tutto pronto. In nome della tradizione abbiamo cucinato la pasta con acciughe salate e pane grattugiato, il baccalà fritto e in umido, i peperoni arrostiti, le olive verdi in salamoia, le rape lessate e condite con olio e aceto, i cavolfiori infarinati e fritti, la verza affogata con una spolverata di pepe rosso, i broccoli neri saltati in padella, nocciole, fichi secchi imbottiti di mandorle, castagne infornate, mele arance melograni uva mandarini e finocchi, torrone di miele e mandorle, i crustuli, i tardiddri, ‘a pitta ‘mpigliata, le crespelle…
NONNO ANTONIO (con voce commossa) – Prima di cominciare, voglio ringraziare il Signore per avere concesso a me e ai miei figli questi momenti di profonda emozione. In questa notte magica, ringrazio il Signore per avermi dato la possibilità di vivere ancora questa ricorrenza accanto ai miei figli e ai miei nipoti, che per l’occasione hanno sospeso le loro abituali occupazioni e disdetto i loro impegni per dedicarmi un attimo della loro vita. In questa notte santa, ringrazio il Signore per avermi dato ancora la possibilità di provare le emozioni della festa più bella e importante dell’anno, che mi riporta ai dolci ricordi di tanti Natali d’altri tempi. In questa notte divina, ringrazio di cuore il Signore e a Lui chiedo per tutti e per i miei la salute e la pace interiore, le sole che servono per vivere una vita dignitosa e decorosa. In questa notte, riuniti nel nome del Bambin Gesù, ringrazio il Signore per il cibo e l’abbondanza che ha messo a nostra disposizione, oggi e sempre.
TERZA VOCE NARRANTE – Il cenone diventa per tutti occasione di riflessioni e di rappresentazioni… Gli adulti addolciscono i loro comportamenti, i figli promettono con letterine, infilate sotto il piatto, di diventare più buoni e di impegnarsi con costanza e vero interesse allo studio…
Breve pausa…
TERZA VOCE NARRANTE – A conclusione del cenone, che va avanti rumoroso e in allegria per tutta la serata, tutti si recano, dopo aver indossato abiti pesanti, in Chiesa per assistere con partecipazione alla tanto attesa Messa di mezzanotte. Il suono delle ciaramelle riceve i fedeli sul sagrato della Chiesa, evocando versi dal sapore antico…
CORO DI PASTORI – Udii, tra il sonno le ciaramelle / ho udito un suono di ninne nanna. / Ci sono in cielo tutte le stelle, / ci sono i lumi nelle capanne. /Sono venute dai monti oscuri / le ciaramelle senza dir niente; / hanno destata ne’ suoi tuguri / tutta la buona povera gente. / Ognuno è sorto dal suo giaciglio; / accende il lume sotto la trave: / sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio, / di cauti passi, di voce grave. / Le pie lucerne brillano intorno / là nella casa, qua su la siepe: / sembra la terra, prima del giorno, / un piccoletto grande presepe. / Nel cielo azzurro tutte le stelle / paion restare come in attesa; / ed ecco alzare le ciaramelle / il loro dolce suono di chiesa; / suono di chiesa, suono di chiostro, / suono di casa, suono di culla, / suono di mamma, suono del nostro / dolce e passato pianger di nulla. (G. Pascoli)
TERZA VOCE NARRANTE – In Chiesa la famiglia partecipa durante la Messa alla posa del Bambinello nell’artistico presepe del Borgo…
CORO DI PASTORIAnche quest’anno, / come tutti gli anni / quasi ininterrottamente / dal millenovecentosessantadue, / nell’antico Borgo / di Bovalino Superiore, / l’artistico presepe elettromeccanico / è nato dalle mani sapienti e intelligenti / del signor Ciccio Clemente, / su incarico del priore / della locale Arciconfraternita / sempre attenta al recupero / di riti e della tradizione. // Anche quest’anno, / come tutti gli anni, / rimodellato su progetto diverso, / ricostruisce vicoli e scorci / del centro storico / e ripropone i tipici personaggi / creati artigianalmente che, / con i loro lenti movimenti, / ripetono i gesti dei lavori quotidiani / di un mondo ancora vicino nel tempo / ma lontanissimo psicologicamente. // Anche quest’anno, / come tutti gli anni, / il successo di visitatori / al presepe, aperto fino a febbraio, / è già assicurato. / Molti gli appassionati in visita / -e del sottostante Museo d’arte sacra / inaugurato a settembre del 2002-, / molti i riconoscimenti, come è giusto / e meritati nel corso degli anni, / dall’Associazione specialistica con sede a Reggio Calabria. // Anche quest’anno, / come tutti gli anni, / c’è lo sforzo tenace / di pochi e testardi, / fedeli ai riti / e alla tradizione del Borgo, / di creare una suggestione / di provocare un ricordo / un rimorso un sorriso / un po’ di nostalgia / e un ritorno all’antico.
Il sipario si chiude con il suono delle ciaramelle.

Quarta scena: IL PRESEPE
24 dicembre – ore 24.00
Il sipario si apre sulle note di nenie natalizie
QUARTA VOCE NARRANTE – La famiglia, tornata dalla Chiesa, in corteo si avvia verso il presepe fatto in casa per depositare il bambinello benedetto in Chiesa; è la più piccola della famiglia, a portare con dolcezza il Figlio di Dio, mentre recita davanti alla grotta dolcissimi versi:
SELIM – Buio. / Poi una due cinque tante luci / illuminano / un albero / un presepe / palline colorate / pastori / neve / rami / una grotta / un bambino / nudo / caldo / ai soffi di un bue e un asinello! / Genitori / piccoli / miseri / grandi / una mamma e un papà / commossi / piangono / mentre / lassù / angeli bianchi / cantano l’inno della carità: / “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli / e pace in Terra agli uomini di buona volontà”.
QUARTA VOCE NARRANTE – Con commozione, davanti al presepe illuminato per l’arrivo del Bambinello, in coro, tutti i componenti della famiglia cantano l’inno più famoso a Gesù Bambino…
FAMIGLIA/CORO DI PASTORI – Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo. / E vieni in una grotta al freddo, al gelo. / O bambino, mio divino / Io ti vedo qui tremar: o Dio beato! / Ah quanto ti costò l’avermi amato! // A te che sei del mondo il Creatore, / Mancano panni e fuoco o mio Signore: / Caro, eletto – pargoletto. / Quanto, questa povertà – Più m’innamora / Giacché ti fece amor povero ancora. // Tu lasci del tuo Padre il divin seno / Per venire a penar su poco fieno, / Dolce amore del mio cuore, / Dove amor ti trasportò – O Gesù mio / Perché tanto patir? per amor mio! // Ma se fu tuo volere il tuo patire / Perché vuoi pianger poi, perché vagire? / Sposo mio, amato Dio, / Mio Gesù, t’intendo, si; Ah, mio Signore! / Tu piangi non per duol, ma per amore // Tu piangi per vederti da me ingrato, / Dopo sì grande amor, sì poco amato. / O diletto del mio petto / Se già un tempo fu cosi – Or te sol bramo / Caro non pianger più, ch’ io t’amo, io tamo // Tu dormi, o Gesù mio, ma intanto il cuore / Non dorme, no, ma veglia a tutte l’ore: / Del mio bello e puro agnello / A che pensi dimmi tu?- O amor immenso / A morire per te, rispondi, io penso // Dunque a morire per me tu pensi, o Dio; / E che altro, fuor di te, amar poss’io? / O Maria speranza mia: / Se poc’amo il tuo Gesù – Non ti sdegnare. / Amalo tu per me, s’io nol so amare. Di seguito la famiglia si sposta nei pressi dell’albero di Natale, dove ognuno ritira il proprio regalo, in un clima di festosa gioia e di rinnovata e sentita commozione.

Il sipario infine si chiude con le note di Jngle Bells.


 

da “Minicommedie per la Scuola” di Carlo Ripolo

You cannot copy content of this page