271) Trilogia dedicata alla Calabria – 28/09/2023
una poesia al giorno
Capocolonna
Come da ogni tempio sorto
su preesistenti luoghi sacri,
quelli del culto della gran madre,
oppure su luoghi da tradizione
ritenuti nodi di correnti
energetiche terrestri…
sono rivolti, anche dal sito
caro ad era, sacri e profani inviti
Ai saggi per considerare ogni vita
solo “un passaggio”, dove lezioni
apprendere per non ripetere
gli stessi errori, vita dopo vita…
Agli stolti per non permettere
alla lingua di parlare
prima di riflettere…
e ad essere se stessi il cambiamento
che si vuol vedere nel mondo…
A tutti gli uomini per valutare
quanto il cuore rimane
tristemente simile a se stesso,
sotto tutti i regimi politici,
marxismo o capitalismo,
sfruttatori di persone e dignità,
e tutte le forme di società…
Intanto l’uomo è sempre a se stesso
causa del suo bene e del suo male…
Non partono più bronzi…
Non partono più bronzi dall’Esaro torbido e sonnacchioso,
riposano tanti ancora nei mari a ridosso di coste sinuose
dalla sabbia fine e policroma. Solo gli echi di battaglie
antiche risuonano le valli del Bonamico e lo Stilaro,
con in testa Carlomagno, Agolante e Rolandino,
dall’aspro monte alle mura di Risa, oggi altre guerre
impegnano indigeni e combattenti.
Una colonna solitaria, in solitario e continuo ascolto
di comandi divini, ricarica di energie le genti locali.
Io le amo sempre tutte queste terre che profumano
di storia, di gerani e di zagare.
In pace ormai con la morte, che tutto livella, riposa
con i più fidati Alarico, tra le sponde del fiume bruzio deviato.
Da innumeri e fragili mosaici, tra ruderi di terme greche
e romane, mai qui curati e ben protetti, il drago di Kaulon,
le Nereidi fattive nel tiaso marino e i delfini saltellanti
di Capo Nao, mandano da tempo inascoltati e vani messaggi
di civiltà, a gente ignava con lo sguardo fisso solo sul presente.
Intanto Zaleuco, serio e accigliato, osserva l’amata terra
spogliata della grande madre, cui si ispirarono grandi artisti e pinakes…
Ma io le amo sempre tutte queste terre che profumano
di storia, di gerani e di zagare.
Inappagato di perfezione, bellezza e armonia, con misura
s’aggira ancora, anima vagante, il Maestro chiomato,
tra antichi ruderi, alla ricerca da opporre, di una nuova tetraksis,
ai numeri irrazionali e agli esseri tali…
Più a sud, da Stilo, fiero e con sguardo fermo,
un giovane osserva il mare che guarda la Grecia,
a fantasticare inquieto sulla prima incerta visione
di un nuovo mondo da conoscere e rinnovare,
sfocato era ancora il prezzo da pagare alla libertà
e all’autonomia di pensiero: la solitudine umana
e la persecuzione dei potenti di turno…
Non è bella la vita dei pastori: Alvaro mai tornò
al paese natio, dolore grande per una madre afflitta.
Intanto io le amo sempre tutte queste terre
che profumano di storia, di gerani e di zagare…
Tra attese e speranze
Per dare senso a dignitosa esistenza,
sospeso tra attese e speranze,
vivo spesso nel ricordo di un “ricco” passato,
straniero sognatore e combattente visionario,
con occhi a volte stanchi, ma sempre curiosi
attenti e indagatori, vagando da Pintammati
alla Valle del Neto, tra la Locride e il Marchesato.
A consigliarmi, in sogno, avanza Nosside,
leggiadra nel portamento, la poetessa dai versi melodiosi…
“Straniero, se navigando ti recherai a Mitilene dai bei cori,
per cogliervi il fior fiore delle grazie di Saffo,
dì che fui cara alle Muse, e la terra Locrese mi generò.
Il mio nome, ricordalo, è Nosside. Ora va’!”
Ma andare dove? Sicuramente da emigrante, qui i tempi
sono e sono stati sempre tristi, lo ricorda ancora Alvaro,
con magistrale e cesellata maestria…
“Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno,
quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra
sembra navigare sulle acque…. Vanno in giro
coi lunghi cappucci attaccati ad una mantelletta triangolare
che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato
qualche dio greco pellegrino e invernale.
I torrenti hanno una voce assordante.”
Assordante come la voce del grande stilese, che
dal monte Consolino, ancora ammonisce, con indice
inquisitore… “Io nacqui a debellar tre mali estremi:
tirannide, sofismi, ipocrisia; carestie, guerre, pesti, invidia,
inganno,ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno, tutti
a que’ tre gran mali sottostanno,che nel cieco amor proprio,
figlio degno d’ignoranza, radice e fomento hanno.”
Ma debellar mali è difficile qui e forse inutile,
ce lo ricordano tutti i martiri, compresi quelli uccisi
nella bella Gerace.. Ripetano i secoli che qui vennero
fucilati il 2 ottobre 1847 Michele Bello da Siderno,
Pietro Mazzoni da Roccella, Gaetano Ruffo da Bovalino,
Domenico Salvadori da Bianco, Rocco Verduci da Caraffa.
Precursori di libertà. E gli fa eco “speranzoso”
dalla Petrosa tirrenica, per amore e passione della terra natia,
il più noto scrittore palmese: “La Calabria ha bisogno
di giustizia, di libertà, di nuovo, del meglio…“
Già duemilacinquecento anni fa, il chiomato di Samo,
sentenziava… “In ogni cosa il meglio è la misura.”