Letterina di Natale 2024
Natale 2024 – Carissimi, ho sognato la notte di sant’Anna dell’anno in corso di incontrare, ai piedi del grande gelso della casa natia di san Gianni, mio padre Giovanni, mia madre Rosa e mia nonna Saveria.
Seduti e piacevolmente rinfrescati dal folto fogliame, li guardavo con un misto di piacere, di sorpresa, aria interrogativa e un pizzico di imbarazzo.
Fu mio padre a parlare per primo: “Capisco, caro Carlo, la tua espressione esitante per la stranezza della situazione, ma come tu sai (avendolo espresso tante volte nei tuoi scritti) la soglia che unisce e divide il mondo dei vivi e quello dei morti è l’amore, e attraverso il sogno e i ricordi tale sentimento permette anche di dialogare e di continuare a condividere pensieri ed esperienze… Io, per sfortuna, ho lasciato anzitempo la mia famiglia terrena, per cui pochi sono i ricordi della nostra vita in comune. Ho colmato in parte tali lacune attraverso i racconti di tua madre e di tua nonna che intanto mi hanno raggiunto nella nuova dimensione. Però mi piacerebbe sentire direttamente dalla tua voce gli eventi della tua esistenza e quale senso hai dato alla tua vita. Anche mamma e nonna sono curiose e interessate, avendoti loro lasciato con tanti progetti familiari ancora abbozzati e non completati…”
Le parole di mio padre allentarono la tensione, mettendomi quasi a mio agio, e con calma cercai di organizzare un pensiero chiaro e comprensibile per spiegare quanto da papà richiestomi.
“Carissimi, come potete intuire data la situazione particolare, provo una miriade di sentimenti forti e contrastanti, ma con una grandissima gioia di vedervi e potervi parlare. Soprattutto con te, carissimo papà, di cui ho pochi ricordi, impalpabili e immersi nella nebbia del tempo. Cercherò, per soddisfare la vostra curiosità, di raccontarvi in breve qualcosa della mia vita non breve, ma ancora viva e attiva, nonostante gli acciacchi dell’età.
Come tu sai, caro papà, nel codice genetico lasciatoci in eredità da te e dai nostri antenati è presente in modo diffuso il gene della scrittura (una vera grafomania), con il quale quasi tutti i Ripolo in qualche modo hanno dovuto fare i conti. Anch’io, da quando ho imparato a leggere e scrivere, ho sentito il bisogno di raccontare su carta i miei percorsi di vita. Pertanto posso dire che il mio percorso letterario non è disgiunto dal mio percorso di vita (e viceversa).
Percorso iniziato intorno al braciere di casa e tra i banchi pesanti della scuola elementare. I primi che mi hanno indicato una via (da me anche accettata e ritenuta quella giusta) e trasmesso i primi rudimenti della cultura sono stati la nonna materna e il mio insegnante di scuola elementare.
La prima è stata la qui presente nonna Saveria (che mi guarda ancora con lo stesso sguardo dolce e amoroso di un tempo), la quale mi ha fatto innamorare di tutte le vicende dell’uomo, attraverso le storie favolose di tanti personaggi mitici (da Giufà a Cristo, da Rolando a Carlo Magno, dalla Madonna alla Maga Sibilla), che ci raccontava attorno al braciere durante le fredde serate invernali, stimolando la mia fantasia a volare alto.
Il maestro Valerio Rotundo, il mio insegnante di scuola elementare (raro esempio di professionalità ed umanità), in seguito ha affinato la mia curiosità di “cercatore” e mi ha fatto capire che la cultura e la conoscenza sono soprattutto strumentali all’etica e ai comportamenti e non solo esercizio intellettuale o di erudizione. Dopo la scuola elementare non sempre il mio rapporto con i tanti insegnanti incontrati e l’Istituzione è stato positivo, come ho descritto in tante riflessioni tematiche, lunghe (e forse per te anche noiose) da riferirti in questo momento…
Più avanti negli studi i miei riferimenti culturali sono stati il Cristo storico del discorso della montagna (le nove beatitudini), che incarna e soddisfa la mia esigenza di un’etica che anteponga agli egoismi e agli interessi personali i valori della solidarietà e della giustizia (beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli; beati i miti perché erediteranno la terra; beati gli afflitti perché saranno consolati; beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati; beati i misericordiosi perché troveranno misericordia; beati i puri di cuore perché vedranno Dio; beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio; beati i perseguitati per causa della giustizia perché di essi è il regno dei cieli; beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia) e il Pitagora dei versi aurei, con impressa nella mia mente l’iscrizione programmatica indicata sul frontone della sua Scuola (chi non sa quel che deve sapere, è un bruto fra i bruti; chi non sa più di quel che deve sapere, è uomo fra i bruti; ma chi sa tutto ciò che deve sapere, è un Dio fra gli uomini…):
Versi aurei – Per i tempi veloci e difficili attuali, / non è facile inerpicarsi sugli erti / sentieri dell’etica pitagorica / e recuperare predisposizioni e spontaneità, / ormai da tanto tempo scomparse…
Onora prima di tutto gli dei mortali, / come è stabilito per legge, e osserva / il giuramento; poi gli splendidi eroi / e i demoni sotterranei rispetta, / come stabilito dalla norma.
Non è facile riconquistare il senso / del sacro e della vita, e il rispetto / dovuto da rendere al mistero del divino, / base e presupposto di ogni cammino, / diverso il contesto dei versi aurei…
Onora i genitori e i parenti prossimi; / degli altri chi più eccelle in virtù renditi / amico; non odiare un tuo compagno / per una piccola manchevolezza, se puoi, / perchè potere è congiunto a necessità.
E’ complicato e macchinoso riscattare / un sistema di valori in una società corrotta / che fonda spesso i rapporti sull’interesse e / sulla convenienza anche con familiari e amici; / e che alimenta la cattiveria, l’egoismo, / l’invidia e il complesso di Procuste…
Abituati a dominare lo stomaco e il sonno, il sesso / e l’ira; non fare niente di riprovevole con gli altri / nè da solo; rispetta sempre te stesso; persegui / in parole e opere la giustizia; non agire prima / di riflettere; sappi che tutti moriamo e le ricchezze / è facile ora guadagnarle ora perderle.
Non è facile riesumare, in contesti traviati e libertari / come gli attuali, atteggiamenti e comportamenti / di autocontrollo e rispetto per tutto ciò che merita / considerazione, o per tutti quelli che si spendono / per gli altri con vero spirito di servizio e di giustizia….
Dei dolori che i mortali ricevono in sorte, / qualora te ne tocchi una quota, sopportala / senza irritarti. Conviene anche porvi rimedio, / per quanto puoi, e ricordati che ai buoni il destino / non molti di tali dolori assegna. Arrivano / alle orecchie degli uomini parole buone e cattive, / non spaventarti nè lasciarti influenzare. / Anche se ti si dice il falso, sopporta serenamente…
Intricato e macchinoso è ritrovare in comunità convulse / come le attuali, valori di condivisione e solidarietà, / per intraprendere in compagnia percorsi di crescita, / di formazione e di civiltà… I modelli correnti, in attesa / di tempi migliori, apprezzano più l’avere, / il consumismo e il possesso che il dare e l’essere…
Quello che io dirò, in tutto si osservi: nessuno ti induca / nè con parole, nè con fatti a fare e a dire cosa che non sia / per il tuo meglio; pensa prima di agire per non commettere / sciocchezze, è dello stolto fare o dire cose senza riflettere; / compi cose di cui tu non abbia a pentirti. Non fare cose / che non sai, ma apprendi quanto è necessario, / così potrai vivere una vita felicissima.
Non è facile mantenere l’autonomia di pensiero e difendere il vero, / il bene e il giusto, laddove la sete di potere e la fame di denaro / distruggono la dignità propria e degli altri, l’ambizione sfrenata / ed egoistica anche la coscienza e i valori. Non è di tutti il potere / di cambiare il mondo, nè il diritto-dovere di dire come si vuole…
Bisogna non trascurare la sanità di corpo, ma serbare la misura / nel bere e nel cibo e nelle esercitazioni fisiche: chiamo misura / quel tanto che non ti cagionerà molestia. Abituati a un stile di vita / puro e austero, e guardati dal fare cose che suscitano invidia. / Non spendere inopportunamente, come uno che non conosce regola, / non essere avaro: per tutto il meglio è la misura. / Fa ciò che non ti recherà danno e rifletti prima di agire.
Complesso e tortuoso è impedire che sia il tempo a usare e / scarabocchiare la vita in comunità moderne, e recuperare / l’autonomia e la libertà di impiegare il proprio. Testimoniare / cosa controcorrente o sconosciuto ai più diventa un’impresa / ardua e pericolosa, quasi come ricercare verità condivise…
Non accogliere il sonno sui molli occhi, prima di aver pensato / tre volte a ognuna delle azioni del giorno: In ché errai? / Che cosa ho fatto? Quali dovere omisi?E incominciando / dalla prima azione passa a tutte le altre. E poi delle cattive azioni / che hai commesso rimproverati, delle buone rallegrati. / Affaticati intorno a queste cose, queste medita, queste devi amare: / queste ti guideranno sulle orme della virtù divina, sì, per colui / che rivelò alla nostra anima la tetrade fonte dell’eterna natura…
Non è facile diffondere l’impegno a condividere con gli altri / il bello e il vero, presenti, anche se in misura diversa, in tutti / i cuori, e lo sforzo di lavorare su se stessi per estirpare il brutto / e il falso, purtroppo diffusi in tutti gli animi e le menti, che / incattiviscono i rapporti e avvelenano i comportamenti…
Ma accingiti all’opera dopo aver supplicato gli Dei / che abbia buon fine; così facendo conoscerai l’essenza / degli Dei immortali e degli uomini mortali, e come ogni cosa / divenga e come finisca. Conoscerai per quanto è giusto / che la natura in ogni cosa è simile a sé stessa: così / non crederai nell’impossibile, né alcuna cosa ti rimarrà ignota; / conoscerai che gli uomini da sé stessi si procacciano i mali: / infelici, che, stando loro vicini i beni, non vedono ne intendono…
Contorto e confuso è il viaggio esistenziale di chi non crede / nella giustizia degli uomini e non ha fede in quella divina. Intanto / la storia insegna che le masse manipolate dal “potere” sono le più / povere e poco istruite, cosa che spiega i suoi tentativi continui / di recintare e ridurre il ruolo della Scuola e delle Agenzie educative…
Pochi conoscono la liberazione dai mali. Tale destino turba le menti / dei mortali: a precipizio sono trascinati verso altro con sofferenze / infinite, poiché la triste discordia, loro congenita compagna, li rovina / senza che se n’avvedano: la quale non si deve seguire, ma cedendo / fuggire. Oh Giove padre, tu potresti liberare tutti da molti mali, / se rivelassi a tutti quale sia il proprio Demone…
Non è facile recuperare le condizioni interiori per approfondire / in libertà la conoscenza di se stessi, per affinare le giuste capacità / di decodifica di una realtà resa dall’uomo, complessa e complicata. / E’ più che impressione ritenere che l’unica libertà che si concede / l’uomo di oggi sia la scelta delle sue ramificate schiavitù…
Ma tu confida, perché divina è la stirpe dei mortali, ai quali / la natura ha dato ogni cosa a conoscerne il sacro; se ne sei parte, / avendo fatto espiazione avrai autorità su ciò a cui ti inizio e / ti libererai dalle pene dello spirito. Astieniti dai cibi di cui parlammo, / durante le lustrazioni e le purificazioni operando con giudizio, medita / ogni cosa, ponendo al di sopra di tutto la mente, ottima auriga… / E se lasciato il corpo, ti libererai nel puro etere, sarai come un dio eterno, incorruttibile, non più mortale.
Per i tempi veloci e difficili attuali, è proprio difficile inerpicarsi / sugli erti sentieri / dell’etica pitagorica, (per i Cyloni di oggi e i tanti “rinnegati”), e lungo è il percorso di preparazione / alla purificazione e alla perfezione, passaggio obbligato / per salire, incorruttibile, al puro etere…
Insieme a Cristo e Pitagora anche la vita di Salomone e la saggezza del cuore intelligente mi hanno accompagnato nel mio percorso formativo. Nel Primo Libro dei Re (3, 5-15) Salomone, su precisa domanda di Dio (“chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda”), fa richiesta di dargli un “cuore intelligente”, che lo faccia essere giusto e lo aiuti a distinguere il bene dal male (“concedi dunque al tuo servo un cuore che sappia giudicare il tuo popolo, in modo da distinguere il bene dal male; altrimenti chi potrà mai governare questo tuo popolo così numeroso?)
“Piacque al Signore che Salomone avesse fatto questa richiesta –continua il passo biblico– Dio perciò gli disse: ‘Poiché tu hai domandato questa cosa e non hai domandato per te una lunga vita, né le ricchezze, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te intelligenza per ben discernere il diritto, ecco, io faccio secondo la tua parola: ti dono un cuore saggio e perspicace come non ci fu prima di te, né uguale sorgerà dopo di te. Anzi io ti dono pure quanto non hai chiesto, cioè ricchezza e onore, così che tra i re non ci sia mai alcuno uguale a te. Se poi camminerai nelle mie vie, custodendo i miei precetti e i miei ordini, come ha fatto Davide tuo padre, io prolungherò anche la vita…”
E’ in questo dialogo il senso di ogni viaggio spirituale, è soprattutto nella risposta di Re Salomone il significato di ogni percorso produttivo. Allevare e far crescere un “cuore intelligente” è in ogni ricerca interiore motivazione e finalità, è l’alfa e l’omega, è il noumeno e il santo graal, è metodo forma e contenuto. Ispirarsi a questa richiesta rende senz’altro ogni cammino proficuo, utile, vivificatore di modelli e comportamenti positivi.
E’ a questo modello (difficile oggi da seguire, in un contesto che segue rotte diverse e contrarie), che mi sono sempre sforzato di ispirarmi, nel cammino di chiarimento di possibili verità, seguendo con passi adeguati le orme più affidabili e adeguando ai limiti personali forze ed energie.
E’ noto a tutti voi che mia madre con la sua vita di sacrifici, di buon senso e di tanta fede, ha reso possibile e messo in condizione i tre figli (presto orfani di padre) di crescere con dignità, onestà e rispetto. Cosa che sempre e da tutti le è sempre stata riconosciuta, insieme alla sua bontà e mitezza d’animo.
Ebbene, caro padre, sono loro (la nonna, la mamma, il maestro Valerio, Pitagora, Cristo, Salomone) che mi hanno aiutato ad uscire metaforicamente dalla “caverna platonica”; orientare la mia vita in direzione della “vera unica stella polare” , non lasciandomi distrarre dalle tante, forse più luminose nella forma ma false e illusorie nella sostanza; mi hanno indicato che la conquista della libertà di mente e la purezza di cuore non si ottengono facilmente senza un percorso ragionato, come espresso da me nella poesia “Platone in Calabria”, che racchiude il senso di tutti i miei cammini:
Platone in Calabria – Schiavo sono nato, come i miei genitori, / i tanti parenti e la maggior parte dei paesani. / Con le catene strette alle caviglie per impedirmi / di fuggire; serrate alla testa per impedirmi / di pensare e qualsiasi voglia di riscatto; sigillate / al cuore per impedirmi di amare in libertà…
Ho trascorso la mia infanzia con altri ragazzi, / schiavi come me, e con i figli degli oppressori, / sempre pronti a convincermi sulla giustezza / e necessità che la società fosse divisa, quasi / per volontà divina, in padroni e schiavi, in ricchi / e poveri, da accettare senza discutere…
Non ricordo quanto sia durata per me e la mia / sensibilità tale situazione. Di certo so che l’amore / per la lettura mi ha fatto capire presto la “truffa” / nascosta dietro i soprusi e il mantenimento / di uno stato sociale ideato, progettato e realizzato / (con forza e violenza) dai “potenti” di turno…
Lungo è stato il percorso di conoscenza e di chiara / presa di coscienza, per limare le catene ed avviare / timide forme di riscatto…A piccoli passi quotidiani / mi sono allontanato dal fondo della caverna, / per raggiungere una stretta apertura filtrante / un filino di luce ed aria pulita, piacevole da respirare.
Curioso e voglioso di capire il “nuovo”, col timore / e paura del diverso e delle inevitabili conseguenze / per le trasgressioni, ho dato una sbirciatina / su un mondo, a me sconosciuto e misterioso, / ma che intuivo interessante per bellezza / e fonte infinita di piacere ed emozioni…
Solo un attimo d’imbarazzante esitazione, / e già senza alcuna precauzione mi ritrovai / catapultato in una realtà completamente / nuova e diversa, rispetto a quella prima vissuta / e subìta, immersa nella luce, nei profumi e nei colori. / Respiravo a pieni polmoni, un piacere immenso.
Non fu facile adattarmi, ma neppure impossibile. / Lentamente sentivo allentarsi la stretta delle catene: / nelle caviglie cominciava a scorrere il sangue, la mente / e il cuore venivano inondate da nuovi stimoli, nuove / emozioni e piacevoli sensazioni. Come svegliarsi / da un sonno profondo e scoprire una vita più ricca…
Non so quanto è durata l’ebbrezza di tale cambiamento / e la gioia per le nuove scoperte. So che presto mi ricordai / dei parenti e amici che avevo lasciato nella caverna. / Non ebbi indecisione; la voglia di condividere subito / le nuove esperienze mi catapultò nel fondo della caverna, / dove tanti vivevano in schiavitù fisica e psicologica…
Raccontai con gioia e sorrisi il mio vissuto all’esterno / della spelonca, che già sentivo come un triste ricordo / ed estranea alla mia nuova vita. Raccontai che fuori / c’era vita vera e possibilità di vivere diversamente, / progettare una vita secondo i propri desideri, fare / tante nuove cose in coscienza e libertà…
Proposi loro di seguirmi, ma quale fu la mia sorpresa. / Cominciarono a deridermi, e a darmi del matto: “Poverino, / avrà di certo sbattuto la testa alla parete ed ora ha perso / il lume della ragione e farnetica”… Cercai di far capire / che non ero io il matto, che dovevano fidarsi di me, / seguirmi e poi decidere loro se vivere ancora / da schiavi o da uomini liberi…
Niente da fare… Mi sentivo come Cassandra (disperata / per non essere creduta) davanti al gigantesco e insidioso / cavallo di legno sotto le mura di Troia e ai compaesani ottusi / e deridenti…Piansi e mi disperai per loro (ma inutilmente), / mentre da solo mi riavviai verso il nuovo mondo…
Piango ancora oggi, anziano di 78 anni, per la situazione / cambiata di poco… solo pochissimi della mia generazione / hanno cominciato a limare le loro catene, mentre i più / continuano a vivere volontariamente in schiavitù / “scambiandola” per libertà, in convinta e condizionata / passività “spacciata” per democrazia e partecipazione…
Ogni volta che torno nella caverna per salutare chi ha paura / di liberarsi dalle catene dell’ignoranza, dei pregiudizi, / delle abitudini e della sottomissione, provo pietà immensa / e piango impotente, con l’amarezza di non poter con loro / condividere percorsi ed esperienze di crescita e di riscatto, / o magari semplici e piacevoli conversazioni in amicizia e armonia.
Senza un percorso di formazione gli schiavi resteranno tali nella caverna, i bruti resteranno tali, i pseudo-salomoni non diventeranno mai saggi.
Senza un lavoro continuo di crescita non è possibile mantenere a lungo il giusto equilibrio, il buon senso, la mente libera e il cuore pulito.
Rammentando che il percorso non è mai esterno a noi, ma nella nostra coscienza come scrive Agostino di Tagaste: “Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore anima habitat veritas”.
Ricordando che la sgrossatura della pietra grezza e la sua levigatura richiede un lavoro di squadratura continua, fino a quando non si prende COSCIENZA dei meccanismi che regolano le nostre azioni.
Considerando che mai bisogna dare giudizi affrettati sugli altri, ma che siano frutto di dialogo e di chiarimenti continui.
A questo punto, mentre cercavo di aggiungere altre notizie “utili” per i miei cari defunti, una mora matura si staccò dal gelso e con il suo rosso succo mi sporcò la candida maglietta che indossavo. Mi svegliai subito… e il sogno svanì.
BUON NATALE