Miscellanea

Caro Riccardo (nemo profeta in patria)

 

 

Alla confluenza dei fiumi / nacqui poeta / per cantare l’onore e la gloria, / la guerra e la vittoria, / dell’uomo sulla morte.

Alla confluenza dei fiumi / nasce gente nuova, / i cavalieri antichi, / senza macchia e senza paura.

Alla confluenza dei fiumi / edificate il tempio. / Già tornano gli dei, / e tornano pur elle / le ninfe dei boschi, dei monti, del mare, / innamorate e belle, / dilette figlie di madre natura.

Alla confluenza dei fiumi, / con grande emozione, / in onore di Greta / io canto l’inno di resurrezione.

Resurgat dominus / matris pater filiusve unius / io canto il mito, / io canto la parola. (r.s.)

Caro Riccardo, sono qui davanti alle tue ceneri, nel cimitero della tua amata Altilia (altera alla confluenza dei fiumi), per fare memoria del nostro rapporto umano e professionale e soprattutto per ringraziarti del contributo che tu hai dato alla mia formazione culturale ed etica. E mi piace farlo anche con l’utilizzo di versi, che descrivono meglio, nella loro essenzialità, il senso che hai dato alla tua esistenza…

M’hai relegato in un rupestre borgo / dove la mia battaglia quotidiana / affronto nel silenzio, / e benché trascurato e non amato, / non oso abbandonarlo…” (g.d.g.)

Caro Riccardo, sei stato mio insegnante al Liceo classico, successivamente collega, amico e fratello, e da tale posizione privilegiata, posso testimoniare che sei stato un grande uomo, appartenevi a quella categoria pitagorica del chi sa più di quel deve sapere è dio fra gli uomini…, e la tua vita, sfrondata di tutto ciò che è debolezza umana, ne è stata chiara testimonianza…

Ti ho sempre stimato un vero Maestro, a te mi accostavo sempre con lo spirito dell’apprendista e l’atteggiamento dell’ubi maior minor cessat; ogni incontro diventava per me motivo di arricchimento culturale e di godimento spirituale.

La tua grandezza e il tuo valore erano (e ancora lo sono) legati essenzialmente alla cultura nell’accezione più nobile e alta…

Vivere non è necessario, / necessario è soltanto / cercare il vero e il bene. / Seguitemi! / E quando noi toccheremo / il limite di nostra perfezione, / non più terra saremo, / ma luce di scienza e di amore… (g.d.g.)

Novello aedo greco, con le armi della cultura, hai cercato, caro Riccardo, di combattere l’ignoranza, l’arroganza, l’ipocrisia e la prepotenza dei nuovi persiani, arroccato nella tua ideale fortezza siberene, che ti ha visto nascere e crescere con lo sguardo rivolto sempre all’Oriente, ai suoi miti e ai suoi valori…

Inappagato di perfezione, bellezza e armonia,/ con misura s’aggira ancora, anima vagante, / il Maestro chiomato, tra antichi ruderi, / alla ricerca da opporre, di una nuova tetraksis, / ai numeri irrazionali e agli esseri tali… / Più a sud, da Stilo, fiero e con sguardo fermo, / un giovane osserva il mare che guarda la Grecia, / a fantasticare inquieto sulla prima incerta visione / di un nuovo mondo da conoscere e rinnovare, / sfocato era ancora il prezzo da pagare alla libertà / e all’autonomia di pensiero: la solitudine umana / e la persecuzione dei potenti di turno…(c.r.)

Stimolante formativo e decisivo per la tua vita, mi dicevi spesso caro Riccardo, era stato l’incontro con il mondo classico, e soprattutto con la vasta gamma dei valori e sentimenti dallo stesso veicolati (purtroppo dal nostro quotidiano ormai resettati).

Valori e sentimenti che debbono consentire agli uomini di trasformare le loro indignazioni vecchie e nuove in atteggiamenti propositivi; di considerare la “parola” ancella al servizio della verità e non prostituta al servizio dell’interesse e della convenienza; di riprendere definitivamente nelle loro mani il corso del loro destino; di impedire alle ambizioni sfrenate, agli egoismi e agli opportunismi la possibilità di relegare in un angolo meriti, competenze, correttezze ed onestà, ed evitare l’attualizzazione di quanto amaramente affermava l’acuto scrittore di San Luca, che la disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile…

E’ Bello, Giusto e Santo / Recuperare l’immagine alla parola / Restituire la parola al pensiero

E’ Bello, Giusto e Santo / Recuperare il numero a simbolo / Restituire il simbolo alla filosofia

E’ Bello, Giusto e Santo / Recuperare il logos all’uomo / Restituire l’uomo alla fusis

E’ Bello. Giusto e Santo / Recuperare il fatto alla creatività / Restituire la creatività al mito

E’ Bello, Giusto e Santo / Recuperare le tenebre alla luce / Restituire la luce all’anima

E’ Bello, Giusto e Santo / Recuperare la morte alla vita / Restituire la vita alla gioia

E’ Bello, Giusto e Santo / Recuperare il molteplice all’Uno / Restituire l’Uno a Dio (r.s.)

Eri scettico a volte sulle virtù italiche, ma non ha mai abbandonato la fede e la speranza in tempi nuovi… Sulle rovine vecchie e nuove, dicevi, che Tempo verrà però che le vecchie virtù rinasceranno negli infiacchiti petti e da codesti lidi salperanno di vini generosi onuste navi per contrade lontane. Rinasceranno; e forse a me, già vecchio, toccherà di cantare ad alta voce la rinnovata ellenica stagione… (g.d.g.)

E di quella stagione d’oro, tu caro Riccardo avevi una profonda e robusta conoscenza storica e letteraria… Di tua conoscenza erano i segni e i sensi delle cose, della nostra cultura, del nostro territorio e delle nostre comunità… Con emozione e sentimento riuscivi a far parlare i sacri ruderi e le pietre, terreni incontrastati oggi di solitudine rotta solo nell’afa estiva dal frinire delle cicale, dove storia e leggenda s’intrecciano e si confondono creando suggestioni fascinose… Tu riuscivi a dare loro vita e vitalità, e a reinventare il mito della bellezza classica attraverso i resti della grandezza magnogreca… Con emozione e sentimento riuscivi a rappresentare il rituale del ritorno alle origini e alle proprie salde radici… e a captare, propagandole, le onde sonore e visive di un mondo misconosciuto alla superficialità autoctona…

O sacre pietre del delubro antico, / deh mi narrate quanti / morirono negli assalti cruenti, / fra il balenìo delle armi / e il calpestìo di cavalli accorrenti, / recalcitranti, nitrenti, grondanti / di sudore…(g.d.g.)

Hai concluso la tua vita terrena, caro Riccardo, con l’umiltà, lo stile e la personalità che hanno contraddistinto il tuo impegno quotidiano nell’educare tanti giovani al senso etico della libertà e nell’indicare alle classi politiche la necessità di un recupero culturale ed economico di un territorio al centro del Mediterraneo (oggi martoriato e bistrattato), che ha dato nel passato apporti e contributi importanti alla civiltà umana, ed è ancora in grado di darne per la crescita dell’Italia e dell’Europa. Una visione profetica e senza limiti.

I tuoi versi finali di commiato ne sono un esempio illuminante.

A rivederci, Maestro.

Per me non preci / né croci né dissone voci / di canti di morti / ma qui, io solo, / io sono il silenzio / e in silenzio attendere / di là della sponda / dell’acqua che croscia e che monda / l’anima gemella / sitire la vita. / Cantare alla gioia infinita / l’inno di gloria – alleluja / ma io sono ancora qui / solo, quasi un apolide / nella valle di Tempe / e canto a bocca chiusa / tra gli anfratti del sole / al suo tramonto il mio silenzio.

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